LA NORMA DELLA VECCHIAIA

Invecchiamo per tornare infanti,

nostalgia nell’esser figli a noi stessi

o saggi maestri degli allievi che fummo,

per ricordarci delle dolci promesse

di carezze di mani amate.

Torniamo ad essere buio in grotta,

Agartha di umidi tepori

quando non sentivamo che il sordo battere,

timpano amato

che diede ritmo al nostro scorrere.

Ma il tornare non placa seti ataviche,

che il dire farsi meta al nostro andare,

come un avanzare di ritorno,

non avvicina a quel centro immobile di nostra vita,

là dove nascita e morte si riconoscono

in specchio d’acqua che entrambe accoglie.

Osserviamo:

Il liquido riflettente non frantuma

eppur le muta in miriade,

vastità di volti, tutti e nessuno riconosciuti

in forme informi galleggianti su oceano,

cielo rovesciato dove i più alti pensieri

giungono in tenebre di fondale

il loro pescaggio

a misura d’altezza della superficie.

Vecchi in giovani è follia

quanto giovani in vecchi la norma.